venerdì 23 settembre 2011

Ragazze belle dai piedi brutti


Molte ragazze davvero belle hanno dei piedi davvero brutti.
Non che questo danneggi l’immagine d’insieme, è chiaro, perché se una ragazza è bella è bella, non c’è che dire, e puoi fare pure a meno di guardarle i piedi. La cosa invece acquista un valore ponderale se ti lasci da una ragazza bella coi piedi brutti, e specie se ti lascia lei. Ecco, se accade il fattaccio e non sai come fartene una ragione la ragione la trovi spesso in particolari insignificanti, dettagli maniacali come peluria superflua, rughe d’espressione, doppie punte ispide o, appunto, piedi oscenamente disarmonici. Ce ne sono di lunghi con le dita tozze, di tozzi con le dita lunghe, di lunghi con le dita lunghe che su tipe bassotte a sedere largo fanno tanto Troll de Il Signore degli Anelli.
Per non parlare poi dei duroni ingiallitti che spuntano dai calcagni come zoccoli di giumenta, delle “cipolle” di Tropea che tracimano dai sandali in estate e degli smalti stratificati che si sfaldano come sfogliatelle napoletane in barba alla Tettonica a placche.
Se però il piede disarmonico (termine politically correct) è accompagnato pure da una caviglia robusta e da un polpaccio pregno a “ventre di coniglio” si auto-genera la famosa Triade dell’Orrore Femminino (o Triumvirato del Delirio Podologico) cioè la perfetta e diabolica congiunzione astrale di tre fattori – piede/caviglia/polpaccio -  che rendono praticamente nullo il valore aggiunto di qualsiasi scultoreo deretano femminile e ne inficiano la frequenza delle profferte amorose.
Ora, quando sei fidanzato con una ragazza bella dai piedi brutti la sera glieli prendi in grembo sul divano, snoccioli sottovoce un rosario di preghiere fai da te (“Padre Nostro che non sei mai nei cieli restaci almeno stasera e fai il miracolo su questi piedi”) e finisci col coccolarli con speranzosi oli di mandorle dolci, smussandone punte e asperità, impastandoli con generose creme callifughe e spendendo patrimoni in plantarini ortopedici. Ti ostini a vedere il “bello” che è in loro, chessarà mai quella lieve deviazione assiale della falange! Chessarà mai quella borsite da sfregamento con la calzatura! E invece niente, è li che casca l’occhio, è li che, ogni giorno che Dio manda in terra, si sofferma il tuo sguardo malizioso e fai boccuccia, al pensiero di come saranno fra vent’anni, alla fine di quel lento percorso umano di mutazione genetica dal pannolino al pannolone.
Cosa preferisci, ti domandi subdolo, un fondoschiena prosperoso o un piedino da Fata Turchina? Cosa scegli, due gambe mozzafiato o un 35 francese da decolleté mignon?
Ma Loro se ne fregano di certi tuoi pensieri ipocriti, Loro lottano per affermare l’orgoglio podologico oppresso, ti ingombrano nel letto, smaniano per un posticino al sole e prendono vita al mattino presto come gelide talpe di montagna in cerca di caldi comodi rifugi.
Di solito li trovano tra le tue gambe, anestetizzandone l’uso fino al risveglio traumatico.
Certi piedi brutti non ce la fanno a stare zitti, vivono di false modestie, si fanno largo silenziosi all’ombra della fanciulla in fiore e tu Li osservi turbato uncinare uno scoglio in piena estate, Li annusi rilasciare subdoli effluvi mefitici, Li vedi far capolino timidi in fondo al letto e soprattutto Li senti sfregiarti un polpaccio con unghioli adunchi e coriacei che ti fanno mugolare nel dormiveglia.
Mentre Lei si spoglia per andare a letto ti soffermi su di un seno arrogante e malizioso, cerchi di andare oltre e di soppesare il valore emotivo di quei tre chili scarsi di pulsante muscolo intercostale intrappolato in un guscio sfavillante ma non ce la fai. Niente da fare ragazzi miei, l’occhio incede sulle zampette palmate e storte da Nonna Papera!
Lei poi, conscia della deformità, te li mette sotto gli occhi, come Cristi sulla Croce, tutti i santi giorni, perché si sa le donne hanno bisogno di conferme, sul cruscotto della macchina in estate, sul tavolino di cucina l’inverno, tra la minestra di fagioli e la formaggiera – dimmi che ho i piedi brutti!O Dillo, confessalo! Te lo leggo in fronte che ho i piedi brutti!
Ma no che sarà mai pure a Cenerentola la scarpetta andava stretta!
Scemo quella era Genoveffa!
Ma quando ti lascia per il mandingo tatuato del bar all’angolo ti attacchi a quei piedi brutti come la patella allo scoglio.
Questo per dire delle ragazze belle dai piedi brutti, ma se a lasciarti è una ragazza bella dai piedi belli, beh allora caro mio devi avere proprio dei numeri per riprenderti con disinvoltura e fa bene alla causa un ego narciso e smisurato, un amor proprio ciclopico che trova conferma nei pareri (dis)interessati degli amici.

A: Marta mi ha lasciato…

B: Dai? Ma davvero?

A: Si…ma in fin dei conti, dì la verità, te che mi conosci, ma cosa ci facevo io con una così?
B: Davvero guarda, ce lo siamo domandati tutti per mesi la sera a cena, sconcertati di fronte all’evidenza, ma cosa ci facevi con una così?
A: Che poi non era neanche così bella, sopravvalutata vero?
B: Bravo sopravvalutata, noi si pensava proprio a quello, sopravvalutata.
A: Che poi cosa te ne fai di una solo bella…
B: Bravo cosa te ne fai di una solo bella, che poi la laurea in astrofisica…anche di quella, cosa te ne fai?
A: Bravo cosa te ne fai…che poi a pensarci bene non era nemmeno così bella

B: Bravo, che poi bella…un tipo

A: Bravo un tipo, che poi un tipo...un tipino

B: Oddio un tipino...un bel tipino!

A: allora era bella? Confessalo era bella! (e giù un piantino)


giovedì 22 settembre 2011

Precocità


L’eiaculazione precoce è considerata il disturbo sessuale più diffuso in natura poiché affligge, almeno una volta nella vita, una percentuale variabile tra il 25 ed il 40% degli uomini in età adulta, ME escluso. Ora, secondo due autentici luminari della sfera sessuale come Master&Johnson, capaci di redigere uno studio approfondito su oltre 10.000 atti sessuali compiuti da più di 700 volontari (beati loro, ho fatto domanda ma non mi hanno preso), l’eiaculazione precoce consiste nel mancato controllo, da parte del partner maschile, sul riflesso eiaculatorio indotto. E non, badate bene, sull’anticipo di tale riflesso rispetto ai tempi orgasmici del partner femminile poiché non possono essere considerati eiaculatori precoci quegli individui che, pur avendo tempi lunghi, non riescono a far raggiungere l’apice alle proprie donne.
A puro titolo indicativo riportiamo il seguente esempio: se la donna A  ha tempi orgasmici approssimativamente di 2ore e 40 minuti (pari cioè ad un tappone dolomitico), e se l’uomo B raggiunge l’eiezione nei canonici (e normalissimi, badate bene) 3 minuti non si può certo parlare di eiaculazione precoce bensì di “donna lunga” o “donna dai tempi dilatati”. E ci mancherebbe!
Ora, “la donna dilatata” può peraltro trarre indubbio giovamento da questa sua precipua caratteristica orgasmica in quanto, durante l’atto, ha tutto il tempo per programmare un menù a 7 portate per l’anniversario di nozze da festeggiare con gli amici. Ma, come si può ben comprendere, per il partner di tale donna, la situazione assume toni drammatici poiché a suon di colpi di bacino reiterati e cadenzati esso rischia l’extrasistole un minuto si ed uno si.
Comunque sia giovano, all’eiaculatore precoce, svariate ed estenuanti tecniche di start&go che consistono in una sfida ripetuta con le proprie capacità di controllo, diretta al raggiungimento del limite estremo o cosiddetto punto di non ritorno.
Mentre la donna ristruttura col pensiero la veranda di cucina, l’uomo si avvicina, con progressive “sciabolate”, alla cuspide del proprio piacere salvo poi retrocedere immediatamente, in prossimità della cima, con un pout-pourri di pensieri “anestetizzanti".
Quali siano queste tecniche autosuggestive, a priori, non è dato sapere poiché l’utilizzo delle stesse risulta del tutto soggettivo. Si ipotizzano e si consigliano tuttavia all'eiaculatore precoce i seguenti pensieri ossessivi:
      -                un editoriale di Minzolini sui problemi impellenti del paese quale l’orso marsicano in via d’estinzione (maschio…la femmina ingrifa)
        una puntata di Porta a Porta con la Santanchè vestita da Black Block ed il plastico di tutti i nei di Bruno Vespa ;
        una puntata di Porta a Porta con la Santanché vestita da rivoluzionario bolscevico ed il plastico di Berlusconi in baby-doll rincorso da un orda di Watussi in calore;
        una puntata di Elisir sulle emorroidi e la costipazione intestinale conseguente all’ingestione di dodici chili di torrone durante il cenone dell’ultimo dell’anno;
        il Livorno retrocesso in Terza Categoria con  Galliani in tribuna che gongola come una tortora in amore;
        Sandro Bondi col grembiulino e il fiocco rosa al collo che enuncia la sua ultima poesia dedicata a Silvio di fronte ad una platea di genitori adoranti: (Minorenni Intonse/Povero Eunuco/Vigore Spiaggiato/Illusione di Deflorazione/Tremabonda Pelle di Daino)

NdR Qualora la parte teorica risulti ostica, siamo a disposizione per eventuali chiarimenti “pratici” .

mercoledì 21 settembre 2011

Senza dirlo troppo in giro

A volte mi piace risalire una strada del centro e scegliere a caso donne romantiche tra la folla, donne col cappottino svolazzante colori pastello ed il bavero alzato, che camminano veloci indossando un sorriso sfrontato, un tippete tappete attutito con passo deciso per andare in posti che solo loro conoscono. Mi piace sceglierne una, ed immaginare che entro pochi minuti entrerò nella sua vita, senza che nessuno disapprovi o ne sia in qualche modo contrariato. Donne che ti sistemano il colletto della camicia la mattina presto prima di andare al lavoro, donne che ti chiedono il fazzoletto al cinema quando danno un film d'amore.
A volte, con la mente le seguo nei loro appartamenti agli angoli di strade buie mentre loro si voltano all’improvviso, lanciando sguardi fulminanti, prima di sparire dietro una porta dentro ad una calda oscurità.
Io le guardo entrare appoggiato al muro come Humphrey Bogart in Casablanca, col cappello di traverso e l'occhio incantatore, come per dire - adesso me ne vado ma tu sai che sono l'uomo per te.
A volte immagino tutto questo, ma devo stare attento a non dirlo troppo in giro che mi arrestano.

Come si vorrebbe la vita

C’è quella scena memorabile ne I 400 Colpi di Truffaut in cui il protagonista, Antoine Doisnel, scappa dal riformatorio e corre, corre, corre come un diavoletto indemoniato in mezzo ai boschi, lungo una ferrovia, su strade di periferia verso una meta apparentemente sconosciuta. Poi, in un piano sequenza interminabile, arriva su di una spiaggia desolata e flagellata dal vento, in inverno probabilmente, si avvicina alla battigia ed entra con tutte le scarpe nell’acqua.
Si volta all’improvviso e guarda un punto lontano, un orizzonte degli eventi a noi sconosciuto ed il film finisce in un fermo immagine che ne inquadra lo sguardo giovane, eppure già così intimamente provato dal dolore.
Allo spettatore attonito sembra di percepire tutto il peso dell’esistenza e la deflagrante verità di quella frase di Truffaut – il cinema è nato perché non si sa bene come si vorrebbe la vita.
Ecco, tutte le volte che vado al mare in inverno, faccio la stessa cosa. Mi avvicino alla battigia, arrivo a sfiorare la risacca con i piedi poi mi volto all’improvviso e guardo un punto indefinito, cerco di capire, mi sforzo di vedere.
In quell’istante vi confesso sono felice come un bambino in gita, anche se guardo, guardo, guardo come un diavoletto indemoniato ma non c’è modo di capire come si vorrebbe la vita.

sabato 10 settembre 2011

Chi siamo NOI?

Noi siamo gli arretrati, gli ottusi, gli squattrinati, i bamboccioni, i disadattati dal pensiero originale ma deforme.Siamo i beoni, i chiacchieroni, gli sfaticati, quelli che non rispettano le scadenze, quelli che si fissano sul posto fisso ma che hanno l’umore variabile, che cercano di star sereni nonostante tutto ma che hanno uno stipendio nuvoloso, fumoso, mutevole, ora c’è ora non c’è, io non lo vedo e te? Guardami! Guardami! Lavori SOLO quando te lo dico io!
Siamo tutto questo e siamo pure quelli che non rispondono alle domande, agli articoli dei giornali, alle indagini fasulle delle televisioni, perché le nostre parole sono sciatte, colorite, mai incisive e debordanti, zeppe di dettagli superflui ed insignificanti. Hanno poca forza, poca rincorsa, perché vengono dal cuore, il nostro, ma non arrivano mai al vostro.
Siamo anche gli spacconi, gli immaturi, gli assurdi e gli indisciplinati, ah e siamo soprattutto sognatori, sognatori e un po’ infelici, quelli che si lamentano perché sono stati intossicati dalle sconfitte, perché capita tutto a loro e guarda qua, sono tutto triste, solo e nero come Calimero.
Ci siamo adattati a vivere nell’incertezza, a disprezzare la politica, a non fare progetti, nel lavoro, nei sentimenti, è tutto un mordi e fuggi di pensieri abortiti e frasi non dette.
Alcuni si sono abituati a disprezzarci, a commiserarci e cosi’ ci portano in regalo sterili speranze, promesse caritatevoli di un futuro radioso come giornali già letti, pasta scaduta ed abiti dimessi.
Fanno finta di ascoltare le nostre parole, che sono refoli di vento dispersi nella nebbia per chi non ha più orecchie per sentire, sono la pellicina superflua delle loro mani sporche e indaffarate da tirare via senza dolore.
Poi per carità diciamo pure cose sgradevoli e taglienti, diventiamo cinici selvaggi e debordanti.
Noi, si proprio noi, siamo quelli che nella vita, hanno visto COSE belle, brutte e sconcertanti.
E che prima o poi per raccontarle tutte si faranno avanti.